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La scomparsa degli anfibi aumenta i casi di malaria

La scomparsa degli anfibi aumenta i casi di malaria

By tiziana

Con la crisi del Covid-19 si è parlato molto del ruolo dell’attività umana sulle malattie diffuse dagli animali, le zoonosi. Molti studi si sono concentrati sui legami che possono esistere tra gli interventi umani negli ecosistemi e lo sviluppo di nuove patologie o la moltiplicazione di vecchie patologie trasmesse da vettori animali. Alcuni di questi studi mostrano che esiste una connessione: più l’umanità degrada gli ecosistemi, più si sviluppano determinate malattie.

Questo è il caso della malaria. Questa malattia, che è la prima causa di morte in alcune regioni tropicali e uccide quasi 650.000 persone all’anno, si sta sviluppando in particolare a causa del riscaldamento globale, che permette al suo vettore, la zanzara tigre, di sopravvivere in un numero sempre maggiore di luoghi. Ma non è solo il riscaldamento globale ad avere un impatto sullo sviluppo della malaria. Anche la crisi della biodiversità gioca un ruolo.

Lo dimostra un recente studio pubblicato dai ricercatori dell’Università della California-Davis: la scomparsa degli anfibi (una famiglia che comprende in particolare le rane e alcune salamandre) è legata ad un aumento della contaminazione della malaria.

Un legame tra la contaminazione della malaria e la scomparsa degli anfibi

Per identificare questo collegamento, i ricercatori hanno utilizzato una serie di dati ecologici e sanitari incentrati su due paesi dell’America centrale: Costa Rica e Panama. Grazie a questi dati, sono stati in grado di identificare che negli ultimi decenni è stato osservato in questi paesi un calo significativo del numero e della diversità degli anfibi negli ecosistemi. Allo stesso tempo, i dati sanitari mostrano un’evoluzione del numero di infezioni da malaria in questi paesi.

Lo studio mostra che dal momento in cui gli anfibi iniziano a scomparire o diventano rari negli ecosistemi, negli anni successivi si osserva un aumento della contaminazione nelle stesse regioni. L’aumento è anche molto significativo, poiché può rappresentare tra 0,76 e 1,1 casi ogni 1000 abitanti, a fronte di un picco epidemico di 1,1-1,5 casi ogni 1000 abitanti.

In sintesi: meno anfibi significa molta più malaria.

Anfibi: regolatori degli insetti vettori di malattie

Per spiegare questo legame basti capire un po’ meglio la catena trofica che unisce la zanzara tigre al resto del suo ambiente. Gli anfibi sono tra i principali predatori delle zanzare in generale: si nutrono sia di larve di zanzara nelle zone umide che di zanzare adulte. Logicamente, se le zanzare hanno meno predatori, hanno più libertà di riprodursi e svilupparsi. E quando la popolazione di zanzare aumenta, aumenta anche la probabilità che trasmettano determinate malattie come la malaria.

Gli anfibi, in quanto predatori, agiscono come regolatori della popolazione degli insetti portatori di malattie e quindi impediscono loro di invadere eccessivamente gli ecosistemi. In termini di salute umana, la presenza di anfibi rappresenta quindi una prima barriera per evitare la contaminazione da malattie trasmesse dalla zanzara tigre.

Gli anfibi prima vittima della crisi della biodiversità

Il problema è che gli anfibi sono la famiglia delle specie animali più colpite dalla crisi della biodiversità. Secondo l’ultimo rapporto IPBES sulla crisi della biodiversità, quasi il 40% delle specie di anfibi sono minacciate sul pianeta. Le cause? La scomparsa delle zone umide, come le paludi, in cui vivono gli anfibi, così come il riscaldamento globale. Ma anche l’uso di sempre più composti chimici nell’industria o in agricoltura. Queste sostanze chimiche e altri pesticidi si trovano nell’acqua dolce e, se vi circolano in quantità minime, è spesso sufficiente per minacciare queste specie molto fragili che sono gli anfibi. Il pesticida più utilizzato in agricoltura, il glifosato, è così riconosciuto dalla comunità scientifica come un prodotto nocivo per gli organismi acquatici.

Lo studio condotto dai ricercatori dell’Università della California dimostra un legame che molti ecologisti hanno già presentato: la scomparsa di alcune specie animali può aumentare il rischio di diffusione di alcune patologie. Gli anfibi, che sono specie animali relativamente ignorate dal grande pubblico, sono tra quelle che hanno un ruolo chiave nella regolazione degli ecosistemi e la loro scomparsa sconvolge massicciamente gli equilibri degli ecosistemi e, presto, gli equilibri sanitari.